Le nostre facce
Tanto per iniziare fedele alle premesse fatte solo per essere smentite il piu presto possibile, voglio rievocare alcuni scambi di “vedute” con un amico attore, come ero io prima dell’incidente, chiamiamolo così, alle corde vocali.
La faccia.
Ma che faccia fai? Ti meriti la faccia che hai! Si vede dalla faccia! Faccia di tolla! Che faccia da impunito! E’ inutile che fai quella faccia! Hai una faccia! Una faccia da schiaffi! Non sperare di infinocchiarmi con quella faccia! Sei un delinquente: ce l’hai scritto in faccia! Non fare quella faccia, sai?
Caro amico mi chiedi dove hai sbagliato? Cosa o dove hai sbagliato nella tua vita o nella tua carriera? Dai… non ci credo… Tu, io, non abbiamo sbagliato nulla. Come vedi ti tengo compagnia e ne ho ben donde. Abbiamo fatto quello che potevamo nelle situazioni che il caso o la fortuna ci concedeva volta a volta. Premetto: non voglio fare quello che da lezioni di psicologia… Ma è la verità: parlo, come si dice, per esperienza diretta. Noi abbiamo la faccia ‘che ci spetta’. Non voglio incattivire il concetto dicendo ‘che ci meritiamo’, ma è così. Vuoi o non vuoi noi “siamo” la faccia che abbiamo. Non è questione di tratti somatici ma di infinite, minute, piccole pieghe, leggi rughe, che tutte insieme, segnano inequivocabilmente e irrimediabilmente le tappe della nostra vita. Il risultato è un ritratto fedele, se vuoi inpietoso, ma sincero, nel bene e nel male, di quello che siamo: è la nostra carta d’identità. Ora se per un comune mortale ciò può essere vissuto più o meno bene, per uno che ha scelto di fare l’attore, cioè dedicare la sua vita, le sue energie creative, insomma la sua faccia alla rappresentazione di tante, altre e diverse, facce, capisci che la cosa diventa un problema. Perché la ‘sua’ di faccia sarà sempre più forte di quelle che vorrebbe rappresentare. Per non parlare di quando la ‘sua’ faccia non corrisponde neanche a quello che lui è veramente, o meglio a quello che lui crede di essere. Accidenti, com’è complicato!! Comunque sia, e questo è quello che a noi importa adesso, (continuo col plurale perché nel caso specifico, anche se ovviamente con delle immancabili varianti, mi ci metto anch’io nel caso specifico) il fatto che ti propongano ruoli distanti anni luce dalla tua sensibilità, dal tuo essere nel mondo, dipende solo dal fatto che tu questo tuo ‘essere’ non ce l’hai scritto sulla tua faccia (sarà poi vero?). E soprattutto nelle arti ‘visive’, vedi il cinema e la TV, è davvero più importante ciò che la tua faccia racconta, a schermo muto, che ciò che la tua bocca dice. E, oggi, la tua faccia racconta di un bel uomo, ironico, egoista, spregiudicato, ambiguo, ‘nascosto’, imprevedibile, impenetrabile, che solo, e raramente, decide di aprirsi e ‘dare’…Ora io non so se tu corrisponda a tutti questi ‘aggettivi’ o solo ad alcuni, o addirittura, quasi certamente, non ti riconosci in nessuno di loro, ma per ‘gli altri’ tu questo sei. Soprattutto per quei registi che devono distribuire i ruoli di un film o di una fiction televisiva. Tu obbietterai: ma com’è possibile! Io non sono così! Sei sicuro?